Letter from Antonio Mini in Paris to Francesco Tedaldi in Lyons concerning the paintings of Leda (Michelangelo’s, it would seem, and copies of it) that have gone to Rosso, Luigi Alamanni, and Giuliano Buonacorsi, and mentioning a large frame that Rosso is having made (apparently for Michelangelo’s painting; see L.38); also commenting on the friendship of Rosso and Buonacorsi.
Florence, Buonarroti Archive, XII, no. 13.
M.e Francesco mio haro. Se voi sapessi el vero quanto mi quoce he una opera di Mihelagniolo sia instata voluta tufare e spregiarla per volere rilevare uno giutatore! Ma io vi so dire he preparamenti si fano di tale sortta, he io arò agio di schoprire e cotare cli [sic; chi] ne fa botegha e no si hura se none de l’utile: gli àno bene saputo havare ducati 2000 d’una fihura cossacia, e così de sa.tto Bastiano ed altre cossace, he io sono instato ragualgliato he io guastavo la loro botegha: crepano di rabia he le no mi sieno inte malle [sic; ite male], e delle Lede n’àno fanto più mostre com sbefarle e ridesene e’quanti fahini c[h]e l’hànno veduta. M. Chuzzo se n’è fanto a padrone, ma io acorderò Otaviano e sì le meterò in lato co’ vostr[e] commessione, hella instia in altra riputazione, e sì mi conocerete he, se voi m’avete fanto piacere, he io non vi sono ingrato e he no vo drieto a dieci ducati più o mancho; saro conoc[i]uto se arò ingiegnio; vi rame[n]terò un dì he manuziazi [m’annunziassi?] he io potrei fare qualhe colppo, forse tanto he nesuno he venisi qua di questo mestiero. Le cose he io òne no’sono ciurme, e s’e’ re le stima e tanto he se voi sapesi cli àne hangi Batista tiraloro àne ducati 300 l’ànno per inshu[l]tore, e songli pahati come di pepe. Dihano he io no’ mi sono riservato in Lione amiho se no voi, e io instimo più Francesco Tedaldi he no’ fo tunto [sic; tutto] e’ resto de’ Fiorentini he sono in Lione. Volevano pure he voi m’avesi a rubare ongni cossa: voi gli avette fanti me[n]tire a loro dispeto: siate più ommo da bene he tanti sacenti he mi volevano manegare e ora m’ànno messo in baia: me ne rido hella rabia he gni ànno sie instato hausa he le Lede sieno inte [sic; ite] cossì tra Rosso, M. Luigi e sere Buonacorso: cli l’a tirata in qua, cli là, tanto he io sonno d’animo, se io ci dovesi metere ciò he io òne ella vita insieme, di schoprire le loro boteghe di ciurmare. E’Roso fa fare unno adornamento, h’è sì gra[n]de e sì grosso, he pessa più he fa el mio gra[n]de quadro he si fa; inspe[n]de in deto adorname[n]to franhi 200, vi va drento pincola cassa di pitura, si è uno aonvato.
Sere Buonacorso pangha tunto, s’e’ re no llo instima, per debito gra[n]disimo he ci à e’Rosso, he no ci può più stare: sonno ducati 1200 o più tra sere Buonacorso, Otaviano, el Mihelozzo, el Freschobaldo, M. Riciardo. Tunti dihano he ànno avere; s’e’ re no rie[m]pie moltto la bucha, se gli ucirà adosso con ta[n]ti quadri maestro Matio, el Bolognia, quant’italiani di pitore ci sono: ogniuno s’ordina contro a’ Rosso per mostrare la ciurma, he l’adornameti forse noll’aiuterano vedere la ragia, se io guastavo: he ’l Buonacorso ne fa col sartino botegha e io coll’aiuto si choprirà, e.ssòci[?] i[n]velenito….
Vostro Antonio Mini.
Come mi è riucito uno mio disegnio in Parigi, volglio inscrivere in Lione, e tatno farò he si saprà delle treconerie di piture he sere Buonacorso collo avermi tratato e agirato voi e me he sono asihuratisimo he gli afani he noi albiamo aunto di dete tavole, gli omori gra[n]disimi he sono qua tra Rosso e Sere Buonacorso; voi m’i[n]tedete. …1